Crisi dell’energia e neutralità carbonica, un progetto europeo per sprecare di meno e riciclare di più

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Di Sandro Iannaccone

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, molte cose sono cambiate in Europa, soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico. Prima dell’invasione, nel febbraio del 2022, nazioni come la Germania e l’Italia erano tra i maggiori beneficiari del mercato degli idrocarburi russo. Di conseguenza, quando per rispondere alla violenza di Mosca è stato necessario trovare fonti di approvvigionamento alternative, Roma e Berlino si sono trovate in una situazione di forte difficoltà.

Germania e Italia vantano infatti la più alta produttività industriale in UE e anche a livello globale si piazzano rispettivamente al quarto e al settimo posto. In particolare, il manufatturiero italiano fornisce lavoro oggi a oltre quattro milioni di lavoratori, equivalente a quasi un quinto del totale della forza lavoro a livello nazionale. Tali numeri richiedono tuttavia anche un approvvigionamento energetico importante. Nel 2020, per esempio, il 44% dell’energia elettrica è andata ad alimentare il comparto industriale italiano, mentre il manifatturiero si è garantito il 39% dei consumi elettrici nazionali.

La maggior parte del fabbisogno energetico del paese era garantito dal gas naturale, cosa che ha causato un rincaro dei prezzi dell’energia nel 2022 e un conseguente calo dei consumi da parte delle aziende – si calcola infatti che le imprese nell’ultimo anno hanno ridotto di circa il 25% i consumi diretti industriali di gas. Tuttavia, la produttività nazionale ha a gennaio ha mostrato comunque un aumento dell’1.4%, cosa che lascia presagire una certa resilienza del comparto industriale del paese nonostante la crisi energetica.

Il problema dell’uso dei combustibili fossili, tuttavia, non si ferma al costo dell’energia – o all’Italia. Al momento, l’approvvigionamento energetico globale è ancora basato per la maggior parte su petrolio, gas naturale e, anche se molto meno rispetto al passato, al carbone. A loro volta, queste fonti di energia sono anche i principali responsabili delle emissioni globali: l’81% dell’energia prodotta nel mondo deriva da combustibili fossili, e solo l’11% da fonti rinnovabili. In Italia, nel 2022, le rinnovabili hanno coperto il circa 31% del fabbisogno energetico, un calo del 4% rispetto all’anno precedente – in favore, paradossalmente, del carbone. Bene, ma non benissimo.

La transizione verso l’effettiva neutralità carbonica – ossia il raggiungimento di un equilibrio tra emissioni e assorbimento di CO2 – è un percorso ancora lungo e tortuoso. In questo quadro globale, dove bisogno energetico, costi per le aziende e necessità di contenere o neutralizzare le emissioni si sovrappongono, sono necessarie idee innovative a portata di mano. Una soluzione, ad esempio, è quella di provare a ottimizzare la resa dei combustibili fossili, cercando di sprecarne il meno possibile. Tale approccio si ispira in parte ai principi dell’economia circolare – che implica, tra le altre cose, la condivisione e il riutilizzo di materiali, servizi e prodotti.

Proprio su questo concetto stanno lavorando gli esperti di R-ACES, un progetto europeo finanziato da Horizon 2020 con l’obiettivo di “aprire la strada alla cooperazione energetica nei parchi industriali europei, favorendo la creazione di eco-regioni in cui il consumo energetico e le emissioni vengano ridotti del 10%”. Il principio è in realtà molto semplice e altrettanto potente: dal momento che nei processi industriali ad alta intensità tende ad esserci una forte dispersione di energia, è possibile – e conveniente – “recuperare” queste perdite per convogliarle in altri processi industriali geograficamente vicini, cercando così di massimizzarne la resa energetica.

In altre parole, trasformare quello che per un’industria è un “rifiuto”, uno scarto, in una risorsa preziosa per un’altra industria vicina. Proprio intorno a quest’idea ruota il concetto di eco-regione, ossia un’area geografica dotata di infrastrutture che permettono di scambiare i flussi di energia in eccesso. “Spesso le aziende non sanno cosa producono o sprecano i loro vicini,” ha spiegato Sergio Pinotti, esperto di efficientamento energetico presso Spinergy, che partecipa al progetto nell’eco-regione di Bergamo. “Quindi, la prima cosa da fare, è mettere insieme queste aziende, così che possano condividere le informazioni sui loro flussi energetici.”

Al momento, R-ACES è implementato in tre regioni pilota: Antwerp, in Belgio, Nyborg, in Danimarca, e, per l’appunto, Bergamo. Il prossimo passo sarà l’espansione in altre sette ecoregioni, tra cui Brescia, l’Emilia-Romagna e Milano. Nello scenario migliore, un’industria, avendo a disposizione le informazioni energetiche del vicino – cosa resa possibile da un apposito strumento di autovalutazione e condivisione dei dati sviluppato dal progetto R-ACES –, non dovrà più bruciare combustibili fossili, perché riuscirà a ricavare energia dal flusso di ‘rifiuti’ di un suo vicino. Nella pratica, questo si può realizzare mediante le cosiddette reti di teleriscaldamento e raffreddamento, ossia network localizzati di tubi che trasferiscono ad altri il caldo (o il freddo) generato da un determinato processo industriale.

Un obiettivo ambizioso, non privo di difficoltà. “Le principali sfide tecniche, sono anzitutto legate all’affidabilità dell’infrastruttura delle reti di teleriscaldamento, al contesto di riferimento e alla loro vicinanza alle sorgenti di calore,” spiega Paola Alessandrini, Project Manager presso A2A Calore e Servizi, anch’essa partecipante al progetto R-ACES nell’eco-regione di Bergamo. Ma non solo: spesso si osserva ancora una certa diffidenza, sia da parte degli attori industriali che delle istituzioni e agenzie locali, rispetto a questo tipo di condivisione energetica. “Inoltre,” fa notare ancora Alessandrini, “esistono problemi di natura legale che ostacolano il raggiungimento di un accordo tra le parti. È quindi necessario che le procedure amministrative siano più semplici, con obiettivi definiti.” Proprio per questo motivo, R-ACES mette a disposizione diversi strumenti di assistenza e supporto legale che aiutino le parti interessate a siglare contratti il più possibile chiari e soddisfacenti. “Dobbiamo certamente scambiare energia per evitare gli sprechi, ma anche informazioni,” conclude Pinotti. “Da soli forse ci muoviamo più velocemente, ma se ci mettiamo insieme lavoriamo più a lungo.” E il pianeta ringrazia.

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